La fotografia morta
E il modesto ph.
E il modesto ph.
A te non è mai venuto un piccolo e remoto dubbio che le fotografie che scorrono nei feed appartenessero ad una fotografia morta ?
Mi è capitato di leggere in passato i saggi di Peter Brook. In un passaggio (credo ne “Il punto in movimento”) sosteneva che chi continuava a cercare uno stile declamatorio nelle rappresentazioni di Shakespeare era un pubblico morto di un teatro morto. Morto perché lontano dal reale e incapace di creare reazioni e azioni di cambiamento nel mondo. Così come nelle altre arti anche nella fotografia c’è una fotografia morta.
Questo è il motivo perché non amo la fotografia che circola nei gruppi facebook così numerosi e così ricchi di galassie, di minuti di esposizioni, di freddi acronimi, di gear e bag, di brand e slang, di questo è e tutti dietro. Piuttosto preferisco che mi tengano occupate le galassie di idee che ho dentro e le storie degli uomini che mi tendono la mano. La vera fotografia, quella che non muore in uno scambio di modeste personali opinioni, quella troviamola dentro le nostre emozioni e le storie che osserviamo.
“Ogni cosa nell’esperienza umana, a partire da un’arancia, ha un fuori e un dentro. In tutte le relazioni umane diamo nome a cose che non sappiamo bene cosa siano. Prendi l’amore: l’amore esiste a tutti i livelli, ma non sappiamo bene cos’è, è qualcosa che viene da dentro. […] Gli attori di solito hanno una buccia spessa cosi, fanno venire l’energia dalla vanità, dalla voglia di mostrare che sono buoni e intelligenti. Il vero attore, l’attore che ti ricorderai per tutta la vita, è l’attore o il cantante o il ballerino che ha luce, una luce che entra in ogni dettaglio della sua performance. Tutti sappiamo che Sarah Bernhardt aveva brillantezza esteriore, stravaganza, ma Eleonora Duse era luce interiore. È una vita che c’è”.